Sostantivo femminile.
/leˈtʃuθa/ (Spagnolo di Spagna)
/leˈtʃusa/ (Spagnolo latinoamericano)
La parola "lechuza" si riferisce, nell'ambito della zoologia, a diversi tipi di uccelli notturni, in particolare a specie di gufetti e civette. In contesti colloquiali può anche essere utilizzata in espressioni idiomatiche o come simbolo di saggezza e mistero, dato il comportamento notturno di questi uccelli. La sua frequenza d'uso è piuttosto elevata nel parlato informale e nelle conversazioni quotidiane, specialmente nei paesi di lingua spagnola in cui le tradizioni legate agli animali e ai miti locali sono rilevanti.
"En la noche, la lechuza empezó a ulular."
"Di notte, la civetta ha cominciato a ululare."
"Dicen que si ves una lechuza, es un mal augurio."
"Dicono che se vedi una civetta, è un cattivo presagio."
La parola "lechuza" è utilizzata in diverse espressioni idiomatiche, specialmente in Messico e in altre regioni dell'America Latina:
"Tener la vista de lechuza."
"Avere la vista di civetta." (Significa avere buone capacità di osservazione o di vedere oltre le apparenze.)
"No seas lechuza."
"Non essere una civetta." (Usato per dire a qualcuno di non essere troppo sospettoso o di non fare domande inopportune.)
"La lechuza en el campanario."
"La civetta nel campanile." (Si riferisce a qualcuno che osserva tutto senza necessariamente essere parte della situazione.)
La parola "lechuza" deriva dal latino "letucina", che è un diminutivo di "lettus", che significa "lettura". Questo termine si è evoluto attraverso le lingue romanze fino a raggiungere la forma attuale in spagnolo.
Sinonimi: - Civetta: più specifico per piccoli rapaci notturni. - Gufo: termine generico per indicare varie specie di rapaci notturni.
Contrari: Non vi è un vero e proprio "contrario", ma in senso figurato si può considerare "uccello di giorno" o "uccelli diurni", che si riferiscono a specie attive durante il giorno come i passeriformi.